Sarà la virologa e ricercatrice Ilaria Capua, la prima ad aver caratterizzato il ceppo africano H5N1 dell’influenza aviaria, a ricevere per il suo impegno nel mondo dell’informazione, il riconoscimento Giancarlo Dosi per la Divulgazione Scientifica che le sarà consegnato in occasione della finalissima del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica che si svolgerà il 13 dicembre alla Sala Convegni del CNR di Roma. Tale riconoscimento, alla sua seconda edizione e indetto dopo la prematura scomparsa del fondatore, è dedicato agli autori che hanno dato un contributo fondamentale alla divulgazione scientifica in Italia, a prescindere dal libro sottoposto al Premio (la prima edizione, lo scorso anno, fu assegnato a Samantha Cristoforetti).

Ilaria Capua, autrice del libro “Io, trafficante di virus” (Rizzoli, 2017), è una paladina convinta della scienza “open source”: nel 2007 è stata inserita da Scientific American fra i 50 scienziati migliori al mondo. Ha scritto Idee per diventare veterinario (Zanichelli 2008), I virus non aspettano (Marsilio 2012) e L’Abbecedario di Montecitorio (inEdibus 2016); nel 2013 è stata eletta Deputato con Scelta Civica, carica che ha scelto di lasciare nel 2016 da quando si è trasferita negli Stati Uniti, dove attualmente dirige un centro di eccellenza per la ricerca “One Health” presso l’Università della Florida.

Il suo saggio, scritto insieme a Daniele Mont D’Arpizio, è ispirato alla vicenda giudiziaria che l’ha coinvolta qualche anno fa quando virologa di fama mondiale, pluripremiata e riconosciuta da tutta la comunità scientifica, scopre dai giornali di essere indagata, lei che ha dedicato la vita a combattere malattie ed epidemie, per un presunto traffico di virus e vaccini. Un’accusa vergognosa, preceduta da una campagna stampa infamante e risolta dopo anni in un proscioglimento. Da quella vicenda – scrive la Capua – ho imparato molte cose e penso di essere diventata una persona migliore: se dovessi distillare un pensiero, uno solo, che incarna il mio vissuto, è che per sopravvivere l’essenziale è essere resilienti, e nessuno può farlo al nostro posto.

La scelta di abbandonare il suo incarico parlamentare dove voleva portare la voce della ricerca e trasferirsi negli Stati Uniti, per quanto sofferta, fatta per proteggere la famiglia e il suo lavoro dopo essere rimasta incagliata nei paradossi della giustizia, è stata decisiva per raccontare la sua storia e non perdere la speranza: perché – come lei stessa afferma – un Paese come l’Italia deve imparare a investire nel futuro e deve ritrovare il coraggio di salvaguardare i propri talenti.

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